LA VOCE DEI PAZIENTI
Caro Amico, Gentile Amica,
Siamo un gruppo di persone iscritte alla Fondazione Marina Minnaja che nel corso della propria vita ha avuto un trapianto di fegato.
Ognuno di noi vi è giunto in tempi, modi e cause diverse: c’è chi ha subito un trapianto dopo un lungo periodo di attesa ed altri invece in tempi urgenti, chi in seguito ad una malattia contratta o a uno stile di vita scorretto, altri a causa di un incidente o anche qualcuno in maniera involontaria ed inaspettata; la cosa però che ci accomuna tutti è “la gran voglia di vivere”.
Il dono della vita è il più grande gesto di generosità che l’essere umano conosca; noi, che siamo vivi grazie alla decisione di una famiglia o al volere “in vita” di un donatore, saremo sempre grati a colui o colei che ha permesso che la nostra vita non si spegnesse.
Noi conosciamo bene le risposte ai tanti quesiti che ti stai ponendo, perché abbiamo già trascorso questo momento; oggi siamo persone normali che conducono una vita normale, facciamo ciò che fanno tutti gli altri prestando solo qualche attenzione in più nelle azioni quotidiane, ma non ci sentiamo diversi in nulla. Alcuni di noi sono dei campioni nello sport e nella vita, anzi direi pure che tutti noi siamo dei campioni perché già saliti sul podio per la vita.
Forse ti stai chiedendo cosa noi possiamo fare per te … ebbene è semplicissimo: desideriamo esserti di aiuto, accompagnarti nel percorso che precede il trapianto e anche successivamente all’intervento, per dimostrarti che la vita in una persona che ha avuto un trapianto così importante può essere persino migliore.
Abbiamo pensato che la nostra esperienza possa essere di aiuto agli altri e per questo motivo desideriamo “offrirci” a coloro che hanno bisogno di una consiglio, un aiuto o anche solo di una parola di conforto. Noi l’abbiamo definita “terapia umana” a disposizione del reparto di Gastroenterologia dell’ospedale di Padova e dello staff della Dott.ssa Burra per tutti coloro che crederanno di trovare in noi un piccolo conforto.
Questo gruppo esiste da circa un anno, abbiamo partecipato a piccole iniziative in favore della Fondazione Minnaja ma anche ospiti di molte altre Associazioni tra cui la Farini, l’Aido, l’Aned ed altre, ma ora è giunto il momento non solo di raccontare le nostre storie, ma che esse siano da vero stimolo ed aiuto a color che si pongono mille interrogativi in attesa di un trapianto.
Non dubitare quindi, condividi con noi la tua esperienza o contattaci attraverso lo spazio sottostante, su questo sito troverai le nostre storie con le testimonianze vere accompagnate anche da alcune delle nostre foto, perché non c’è miglior esempio che raccontare di noi stessi.
Un saluto ed un forte abbraccio dagli Amici trapiantati della Fondazione Marina Minnaja
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Donazione per la ricerca in memoria di Fausto Brigat
Vi presentiamo questa esperienza di Vita perché possa essere una Speranza per tutti.
La famiglia, gli amici e i colleghi hanno voluto contribuire a supportare lo sforzo e la ricerca che hanno tanto ispirato e sostenuto Fausto durante gli ultimi anni della sua vita.
Che il coraggio e la determinazione di Fausto rimangano per sempre a guidare chi affronta questo difficile cammino di malattia.
Che la speranza e la positività siano sempre la migliore arma per combattere la fatica del percorso terapeutico.
Che il lavoro instancabile del personale sanitario e di ricerca, e la fiducia nella medicina e nel progresso siano, come lo erano per Fausto, fonte di gratitudine e sicurezza per fronteggiare anche i momenti più bui momenti.
Damiano Caravello
Vi presentiamo questa esperienza di Vita perché possa essere una Speranza per tutti.
Damiano Caravello ha vissuto ventinove anni e mezzo. Si potrebbe pensare che siano stati solo ventinove anni e mezzo e invece sono stati anni di una Vita piena fino alla fine. Damiano è nato a Mirano nel 1991 e subito si è manifestata in lui una grave malattia epatica, l’atresia delle vie biliari. E’ stato operato a soli due mesi dalla nascita e l’intervento gli ha permesso di poter sopravvivere il più a lungo possibile fino al trapianto epatico.
Dopo l’intervento sulle vie biliari, Damiano è cresciuto, bambino prima e poi ragazzo, sempre giovane ma presto adulto per comprendere quella malattia. Nel corso degli anni Damiano ha imparato a prendersi cura di sé, ma non solo, anche l’importanza di prendersi cura degli altri. La sua è vita trascorsa nel bisogno di comunità, diventando dedizione per la comunità cittadina e religiosa. Damiano diventa consigliere comunale nella sua Noale (VE), si impegna nella sua comunità cattolica partecipando all’Azione Cattolica della Diocesi di Treviso, facendo parte del Consiglio delle Acli di Padova e dell’associazione OL3 per la divulgazione dei principi della Dottrina Sociale della Chiesa. Non esiste comunità nella quale Damiano, con pazienza e moderazione, non sia riuscito a portare qualcosa di sè. Aprendosi agli altri Damiano incontrava sè stesso e Dio, in un sentiero di fede che diventava di amicizia, amore, attivismo politico e sociale; un sentiero nel quale Damiano chiedeva di essere accompagnato dalla sua famiglia, dai suoi amici, da chi poteva diventare un suo compagno di viaggio anche se per poco. Damiano affrontava la vita sempre con lo stupore di ciò che Dio poteva riservargli, che fosse gioia, sofferenza, soddisfazione o sconforto. Niente di tutto questo “amor vitae” si è affievolito o abbruttito negli ultimi giorni di Damiano, nè nelle settimane di attesa del trapianto, quando la fatica del corpo veniva sostenuta col sorriso della fede, in sè e in Dio, nè nei giorni seguenti al trapianto, quando ormai la situazione clinica severa si era rivelata irreversibile.
Ciò che rimane altrettanto irreversibile sono una serie di lasciti di Damiano per noi: il suo esempio di fiducia e speranza; la rete di comunità a cui ha aderito o che ha creato, incontrando e facendo incontrare tante persone; il ricordo di una vita appassionata, una vita senza un giorno di indifferenza; l’impegno, come diceva lui stesso, a “mettere in circolo l’Amore”.
Vi consegniamo il suo Testamento, scritto in reparto la notte precedente al trapianto affinché possa essere uno strumento di Speranza per voi e le vostre famiglie.
I suoi familiari
La storia del Sig. Antonio Bozzo
“Gentili Bersaglieri di tutta Italia, grazie al nostro periodico “ I Bersaglieri ” posso finalmente rivolge rmi a tutti voi per raccontarvi cosa mi è successo anche se credo sia nota a tutti la brutta avventura che mi è capitata negli ultimi due mesi…
In seguito ad alcuni problemi fisici sono stato ricoverato all’ospedale di Treviso il 25 giugno. Dopo pochi giorni e infiniti accertamenti clinici tutti negativi, è emerso che stavo producendo anticorpi che distruggevano il mio fegato (chiamata malattia auto-immune, rara e colpisce prevalentemente le donne). Purtroppo dopo pochi giorni sono entrato in uno stato di coma e trasferito in elicottero all’Ospedale di Padova, dove dopo una settimana circa di monitoraggio ero giunto alla fine. L’ammonio (ammoniaca), sostanza filtrata dal fegato, mi stava inquinando tutto l’organismo con danni irreversibili. Ero quindi sul precipizio della morte, ma il buon Dio ha deciso all’ultimo secondo di farmi sopravvivere, e domenica 13 luglio alle h. 5,00 di mattina sono entrato in sala operatoria dove ne sono uscito dopo 10 ore con un trapianto di fegato. Una settimana dopo (in totale quindi circa 17 giorni di “coma”) mi sono “svegliato” assolutamente incredulo ed incapace di capire cosa mi era successo. Il decorso post-operatorio è stato veloce, il mio fisico ha risposto bene ad ogni prova, tutti gli esami davano segnali di ripresa eccezionale e il 30 luglio mi hanno dimesso, … posso quindi dire di essere un miracolato.
Ora sono a casa, debole ma felice attorniato dalle cure della mia famiglia, pensate che non ho visto mia figlia per oltre un mese e chi è genitore può immaginare quanto ho sofferto; purtroppo non posso ricevere visite per il primo periodo perché le mie difese immunitarie sono minime e anche un semplice raffreddore potrebbe essermi fatale (prendo oltre 20 pastiglie al giorno). Coloro che vengono in casa mia devono indossare mascherina, camice e copriscarpe proprio per creare le massime condizioni di sterilità.
Come vi dicevo sono molto debole, pensate che ho perso circa 15 chilogrammi (sono stato 17 giorni senza mangiare) e ho iniziato un programma di fisioterapia per recuperare le forze e la muscolatura persa.
Oggi per la prima volta mia moglie mi ha permesso di stare un’ora davanti al computer e subito il mio pensiero è andato a voi, la voglia di scrivervi e di sentirvi: desidero ringraziare tutti per l’enorme gara di solidarietà giunta da tutta Italia (mia moglie riceveva telefonate dall’intera penisola, di bersaglieri comuni e da Generali di ogni ordine e grado, perfino dall’estero). Mi hanno detto che una simile solidarietà in Associazione non si era mai vista e questo naturalmente mi inorgoglisce.
Pensate che alcune sere fa dopo il rientro da Padova per alcuni accertamenti (devo andare al centro trapianti ogni 2-3 giorni), mi è stato fatto un regalo enorme…la fanfara di Jesolo guidata dal Sindaco è giunta sotto la mia terrazza e reso gli onori, un centinaio di persone che hanno bloccato la viabilità della zona…un emozione forte che mi ha tenuto sveglio per tutta la notte.
Ancora mi chiedo perché proprio a me una simile avventura e una gara così grande di solidarietà, mia moglie Maica dice che ho seminato bene in questi anni e ora sto raccogliendo i frutti.
Ora cari amici chiudo questa mia doverosa missiva, ma ho le lacrime agli occhi, la voglia di incontrarvi è talmente grande, vorrei fare il nome di tutti ma questo è impossibile, perchè la vostra gentilezza, la premura, la solidarietà, ma soprattutto le vostre preghiere hanno fatto sì che la mia vita non si spezzasse. Citerò solo due persone su tutti, coloro che hanno fatto da tramite e da filtro tra l’ANB e la mia famiglia molto provata in quei terribili giorni, gli amici veri Camillo Ferroni e Donato Uliana.
Vi ringrazio ancora di tutto, e oltre a dirvi che vi voglio bene dal profondo dal cuore desidero rassicurare tutti, lo Speaker Nazionale sta tornando
Cordiali bersagliereschi saluti.”
La storia del Sig. Giancarlo Nardon
Mi chiamo Giancarlo Nardon è sono stato colpito da un”epatite fulminante di origine sconosciuta, che ha reso necessario il trapianto di fegato.Ero già entrato in coma da 3 giorni, quando finalmente è arrivato un organo compatibile, che mi è stato trapiantato, dopo un primo lunghissimo intervento, l”11 maggio 1998.
Le cose però non sono andate bene come speravamo, per cui, a causa di complicazioni è stato necessario un secondo trapianto avvenuto il 28 maggio 1998 e da lì è iniziata la mia nuova vita. Sono rimasto ancora un po” in sala rianimazione, sono passato poi alla sezione trapiantati della clinica chirurgica e ho completato la degenza nell”ala trapiantati del reparto di gastroenterologia. A luglio, finalmente, sono potuto tornare a casa; ero molto debilitato (avevo perso circa 20 chili) ed ero praticamente pelle e ossa.
Ero consapevole di essere stato ad un passo dalla morte e che la mia
era una splendida seconda opportunità; ma avevo anche la sensazione che la mia vita fosse ancora appesa ad un filo e che nulla sarebbe più stato come prima. Avevo paura di non veder crescere i miei figli (quando sono stato ricoverato Nicola aveva 5 anni e Giulia solo 4 mesi), di lasciare sola mia moglie e i controlli medici molto ravvicinati dei primi periodi non erano certamente di aiuto al mio stato emotivo.
I miei medici mi dicevano che sarei tornato lo stesso Giancarlo di sempre ed io, che avevo solo 39 anni, desideravo che fosse così: per me, per la mia famiglia e per quella persona, che con la sua donazione, mi aveva regalato la possibilità di tornare a vivere, e io non avevo assolutamente l”intenzione di sprecarla. E” stata una normale riabilitazione dopo un intervento, solo leggermente più lunga.
Adoravo andare in mountain bike e poco alla volta, senza esagerare, sono tornato ad andarci, facendo in un primo momento giri piccoli e, mano a mano che le forze me lo permettevano, giri sempre più impegnativi. Già a distanza di un anno facevo gran parte delle cose che facevo prima e che ora, a 13 anni dal trapianto continuo a fare:
– vado abitualmente in mountain bike per i boschi del mio paese e della provincia;
– ho fatto molte gare e ho vinto la “maglia del Veneto dei Trapiantati” per tre anni;
– sono andato da casa mia a Prien am Chiemsee (Germania) in bicicletta con i miei amici percorrendo circa 500 km in 4 giorni;
– sono andato da Bolzano a Innsbruck in tandem percorrendo 150 km con 2500 mt di dislivello in una giornata;
– faccio lunghe escursioni in montagna: a piedi o in mountain bike nei periodi caldi; con le “ciaspole” o con gli sci d”alpinismo d”inverno;
– sono diventato istruttore di mountain bike e ho allenato per anni ragazzi dai 10 ai 16 anni;
– organizzo anche adesso escursioni in bici per appassionati.
Insomma sono tornato in breve tempo in ottima forma e continuo ad esserlo tutt”ora, sono tornato al lavoro e guardo con orgoglio la mia famiglia crescere. E” questo che voglio dire a tutte le persone che leggeranno questa testimonianza, che presumo abbiano appena affrontato o stiano per affrontare l”esperienza del trapianto, bisogna crederci perchè il trapianto ti ridona una vita vera da vivere, ve lo dice uno a cui sono già stati regalati 13 anni e che non vede l”ora di vivere quelli futuri.
Ricordatevi che non siete soli ad affrontare questa esperienza, che oltre alla vostra famiglia, avete tante persone come me che possono darvi fiducia nel futuro, per non parlare dei nostri medici, psicologi, psicoeducatori e del personale ospedaliero, che sono preparatissimi, un conforto costante e sono sempre disponibili.
La storia del Sig. Alan Cattin Cosso
Il mio nome è Alan Cattin Cosso, nato il 27 ottobre 1984 nell’Ospedale San Camillo di Trento.
A pochi mesi dalla nascita mi diagnosticano il deficit di alfa-1-anti-tripsina, una malattia ereditaria tra le più frequenti. All’età di 15 anni vengo ricoverato all’ospedale S. Chiara di Trento con una nefropatia grave, le mie urine sono molto scure, e cado in coma per 24 ore, causa la completa saturazione di tossine nel mio fegato, le quali mi mandano in “encefalopatia”.
Mi risveglio con tutti i parenti al mio capezzale, sento che la fine si avvicina ma non è così… anzi!!!!
Nel febbraio del 2000 inizio l’emodialisi, con 3 sedute settimanali di 3 ore e mezza, vengo sottoposto a costante pulizia del sangue.
Il lavoro straordinario dei medici del reparto di Nefrologia dell’Ospedale Santa Chiara di Trento e della Gastroenterologia di Padova fanno sì che io possa presentarmi per una visita un pò particolare.
Realmente non sò a cosa sto andando incontro, la parola “trapianto” ai tempi era un’utopia, per me era più una grande paura più che una grande speranza quindi i momenti di panico e di ansia iniziano ad accompagnare le mie giornate che passo nell’Ospedale di Padova.
Ho 15 anni e la vita và così veloce che non mi rendo praticamente neanche conto di quello che mi sta accadendo, ma…..
Il 23 maggio del 2000 è il giorno che segnerà per sempre la mia vita, vengo chiamato dall’Ospedale di Padova il quale mi comunica che probabilmente erano disponibili degli organi per me
In un’operazione di 17 ore circa mi vengono trapiantati fegato e rene e con un recupero di soli 20 giorni mi ritrovo a casa, sano!!!
La mia vita dopo quel giorno ha una svolta molto lenta ma gradualmente sempre più in positivo. Inizialmente ero abituato a una vita da “malato”, tanto che non rendendomi conto delle possibilità che avevo, passo alcuni anni a cercare di capire chi sono e dove sono, ma poi incontro una ragazza.
La storia con lei dura circa 3 anni, e capisco come stavo realmente utilizzando in modo sbagliato la mia seconda possibilità, così in seguito alla rottura con lei, inizio a praticare l’escursionismo in montagna e nel giro di pochi mesi, mi appassiono alla montagna.
Il primo anno di Trekking/Montagna mi porta a scoprire un ramo della montagna che non conoscevo, l’alpinismo. Mi appassiono subito, seguo un corso e inizio a calpestare la cime più alte della mia regione, il Trentino Alto-Adige.
Cevedale 3770, Adamello 3539 e tante altre cime sui 3300m circa accompagnano l’estate del 2012, fino al compiere uno dei veri obiettivi che mi ero prefissato, un 4000!!!
Così con un collega a ferragosto partiamo alla volta della Val de Gressoney, dove in una gita di 2 giorni, raggiungiamo la vetta del Castore 4221m, cima del gruppo del Monte Rosa.
La montagna ha segnato per me una svolta radicale nel mio modo di vivere e vedere le cose, lassù, per un mix straordinario di emozioni, riesco a conquistare qualcosa che per me ha più che un valore oggettivo, sento il piacere di praticare uno sport, mi fà sentire vivo, non sono più “passivo” alla vita, ma la comando e decido io!!!
La sete di alpinismo non si placa, così inizio a progettare nuove mete, ma per potermi preparare al meglio ho bisogno di un allenamento, così inizio quasi per scherzo a correre.
In poco tempo, riesco ad ottenere un allenamento necessario per poter acquisire il certificato agonistico per l’atletica leggera e svolgere la mia prima Mezza Maratona, che chiudo con il tempo di 1.53.21 a Trento, nel settembre 2012.
Successivamente l’11 novembre corro sotto il diluvio universale la Garda Half Marathon chiudendo nell’ottimo tempo di 1.50.13, ricevendo i complimenti del mio allenatore della società di Atletica alla quale mi sono iscritto.
Certo non pensavo che potesse accadere un fatto simile, la cosa aumenta esponenzialmente il mio morale, giorno dopo giorno, la salute SEMPRE controllata è molto buona e mi permette così di continuare e migliorare anche il mio fisico, come provato quest’anno alla visita sportiva, ho ottenuto un miglioramento della capacità polmonare del 8%, e un recupero del cuore ben migliore del precedente!!!
E’ una vera VITTORIA!!!!
La corsa e l’Alpinismo sono due attività che posso dire avermi ridato la vita psicofisica, sotto tutti gli aspetti.
Attualmente sono impegnato ad allenarmi per poter affrontare con i mezzi giusti la prossima stagione Alpinistico/Atletica, cercando di coronare alcuni sogni nel cassetto, qualche cima pregiata che nn può mancare nel “libro di vetta” di un vero alpinista!!!
La storia della Sig.ra Barbiero Graziella
Mi chiamo Barbiero Graziella, sono nata a Mestre (VE) il 28-02-56.
Tutto iniziò nel 1991 a Gennaio, con un malessere simile ad un influenza che mi passò in pochi giorni. Ma alla fine del mese la mia pancia inziò a gonfiarsi e perciò iniziai a sottopormi a innumerevoli esami e vari ricoveri all’Ospedale di Mirano, ma l’origine della mia malattia non veniva riscontrata. Un giovane medico mi consiglia di fare una visita in Gastroenterologia a Padova, dove arrivo i primi di Aprile. Qui dopo pochi giorni e dopo aver eseguito altri esami mi venne riscontrata la Sindrome di “Budd-Chiari”, una malattia rara che occlude le vene sovraepatiche del fegato. L’unica cura, nel mio caso, è il trapianto di fegato. Il mondo mi crollò addosso, non ero consapevole di cosa mi stesse succedendo. Avevo 35 anni, una bimba di 8 e un maschietto di 4. Entro nella lista trapianti. Faccio spola da Aprile a Luglio, da casa a Padova 2-3 volte alla settimana per eseguire la paracentesi, per lo svuotamento del liquido ascitico. Nel frattempo diminuisco di peso fino ad arrivare a 37 kg. I miei famigliari e mio marito, che hanno vissuto insieme a me attimo per attimo questi terribili momenti, con il loro affetto e il loro amore mi danno forza e speranza.
E’ il 16 luglio del 1991 quando grazie ad un grande gesto di generosità, mi chiamano per il trapianto , che dura per 4 ore circa. Dopo 20 giorni torno a casa. Oggi sono passati 22 anni dall’intervento che mi ha consentito di tornare a vivere, di aver visto crescere i miei figli e di occuparmi della mia famiglia a tempo pieno.
Colgo l’occasione per rinnovare i ringraziamenti in primo luogo al mio donatore e alla sua famiglia per il loro grande gesto di generosità, e a tutti i medici e il personale paramedico dei reparti di chirurgia e gastroenterologia, che mi hanno seguito con professionalità e disponibilità durante quei momenti. Gratitudine e stima voglio esprimere alla dott.sa Patrizia Burra, per l’attenzione e la sensibilità umana che ha mi ha dimostrato, non solo come paziente ma come persona.